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Corrado Maggio, Napoli 05/03/1917. Intervista realizzata in data 04/12/2004.
Mi chiamo Corrado Maggio, sono nato il 05/03/1917, e già la data dice qualcosa, non si portava l’orologio, forse l’ostetrica lo saprà, io no. Noi eravamo nove figli, mio padre era un maestro di canto e a furia di cantare faceva figli. Mio padre era un tenore lirico, era stato in Russia molti anni e lì è nata la mia prima sorella Olga, è nata a Odessa. E questo lo ricordo perché me lo hanno detto, io non c’ero ancora. E cosi siamo andati avanti. Mio padre poi lasciò la Russia e venne a Napoli tra San Carlo e altri teatri, ricordo qualche volta al Mercadante. Noi eravamo in nove, ma non solo noi perché mia zia, la sorella di mio padre, che abitava al primo piano, visto come andavano le cose non poteva rimanere indietro, e zio Alfredo il marito era d’accordo con mio padre. A mano a mano che cresceva la famiglia partiva dal primo piano, a mano a mano saliva fino al terzo piano. Così facevamo, una volta correva mamma da lei e una volta lei da mamma, e si scambiavano le cortesie, fino a quando arrivammo quasi a diciotto in tutto fra sotto e sopra, perché non mancavano mai all’impegno. Si vede che si mettevano d'accordo in precedenza. Noi abitavamo in via Taverna delle Rose, via Vecchia Agnano, e noi stavamo sul passaggio a livello della Cumana. Il palazzo era situato in maniera tale: a fronte strada c’era tutta la parte dei tre piani, erano balconi e finestre, l’altra parte dava sulla strada ferrata della Cumana. Posso dire un particolare poco simpatico? Siccome la Cumana aveva stabilito una fermata lì, perché [il palazzo] si era un po’ ampliato con la "Laziale", era frequentato da un po’ di clienti, allora aveva creato una fermata proprio in quel punto e la cantoniera alzava la bandiera rossa quando il treno si doveva fermare per poi proseguire. Un giorno arrivò una lettera raccomandata a mio nonno, che non ce lo aveva mai detto e non aveva avvertito nessuno. Un bel momento si doveva demolire il palazzo per ordine pubblico, perché la "Laziale" di Roma doveva costruire e disse che noi dovevamo traslocare. Il nonno non ci disse niente, un bel momento disse alla cuoca: ”Se senti qualche rumore dalla stanza affacciati e avverti”. Perché lui aveva il porto d’armi, si prese la sua pistola, si avviò verso la strada ferrata che andava verso Agnano, un bel momento decise di farla fuori e si sparò. La nonna capì, sentì questo sparo e si affacciò, vide il nonno che precipitava e diede l’allarme. Ma sbagliò il tiro, due colpi, uno andò quasi bene, l’altro fuori per fortuna. Visse così otto giorni ai "Pellegrini" e poi finì. Così finì la tragedia del nonno e solo allora sapemmo la causa, nel portarlo all’ospedale lui tirò fuori questa lettera che aveva in tasca. Così venimmo a conoscenza di cosa aveva fatto e perché l’aveva fatto.Perché il palazzo doveva essere demolito e difatti così fu. Traslocammo e abitammo a Napoli, la prima volta sul ponte di Chiaia, via Nicotera, il primo palazzo uscendo dall’ascensore a destra Dove
ha trascorso la sua infanzia? Passammo
l’infanzia nella proprietà Maggio a Fuorigrotta via Taverna delle Rose.
Si entrava e c’era un grande atrio, c’era l’accesso alle scale e
fuori c’era una targa con su scritto: "Proprietà Maggio" .Le feste
molte volte le passavamo insieme, i Laino e i Maggio. Stavamo bene c’era
un’associazione di affettuosità sentita. Si giocava molte volte insieme
quando non c’era il "bello di mammà", c’era l’avvertimento di
qualche "scotoliatina". Il "bello di mammà" era significativo per noi,
ci preparavamo a ricevere queste cose perché non si poteva nemmeno
scappare, per carità! perché era peggio. Io ricordo, noi avevamo... i letti
delle camere delle sorelle erano di ferro, quando mia sorella si doveva
purgare, aveva i capelli lunghi e mamma, sempre con molta grazia e
sicurezza - mia sorella non si voleva purgare di nessuna maniera - mia madre
la prendeva per i capelli, mia sorella per il dolore apriva la bocca e
ingoiava la purga. Questo particolare molto simpatico lo ricordo bene perché
eravamo ragazzini, mi dispiaceva che mamma faceva certe scenette, perché
faceva teatro, si sognava andare al teatro per vedere certe cose e invece
il teatro si svolgeva in casa nostra. Così la mia infanzia è trascorsa
per me veramente tranquilla e felice. Ho frequentato
fino alla seconda media, perché allora si chiamava sesta, settima
e ottava, tre classi. Però
guardi che io mano a mano che sono andato avanti negli anni una volta ho
partecipato ad un concorso per dipendenti della Rinascente. Il gestore,
che era un laureato, quando prese il mio compito - eravamo quaranta quella volta
che si doveva partecipare a questo concorso - si accostò nel pullman ed io
gli pagai il biglietto mentre eravamo su di una salita, per raggiungere la
scuola dove si svolgeva il concorso; dato il tema ognuno di noi svolse il
tema. Il responsabile disse: "Ma tu perché non hai continuato a
studiare?" io che cosa gli dovevo rispondere? Soltanto che eravamo in
nove e mia madre diceva: "O tutti o nessuno, siete tutti allo stesso
livello", perché così si usava allora "O tutti a scuola o tutti al
lavoro, non posso sentire che un domani uno diventa laureato e uno diventa
zoticone o un analfabeta" Particolare della scuola ricordo il professore
Castellucci, matematico. Diceva: "Sei tanto bravo specie nella
matematica", difatti come sarto faccio matematica ogni momento, nel mio
piccolo. Mio fratello Guido era impiegato alla Meneghini negozio di
tessuti, mia sorella Maria andava a lavorare da una sarta molto importante
a piazza Amedeo, ed anche Olga cominciò a lavorare e così è stata la mia infanzia. |
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