Corrado Maggio

Quali giochi faceva da bambino?

  I giocattoli eravamo noi, specie quando si metteva mia madre e diceva: "Vieni, vieni bello mio". Ero un giocattolo, dava quelle fruste! Si giocava, detto volgarmente "a mazza e o piern", si metteva a terra quest’asta che era un po' curva, doveva essere bravo quello che dava il colpo, nel dare il colpo l’asta si muoveva, al volo bisognava prenderla e chi andava più lontano quello vinceva. Era un gioco normale, ma molto, ma molto istruttivo, perché dava la possibilità quasi quasi di un futuro tennista. Era un bell’allenamento. Adesso invece è tutto diverso

Può descrivere la scuola che ha frequentato?

Io ho frequentato le scuole elementari alla Giacomo Leopardi che si trovava in via Calise. Era un’ottima scuola con insegnanti veramente bravi. Il professore di matematica Castellucci quando un alunno portava un compito, lui lo guardava e quando non andava glielo restituiva e diceva: "Io guardo soltanto quello che si produce con la propria mente, ma questo non è farina del tuo sacco" e lo rimandava. A me non ha mai fatto un’osservazione del genere, perché quel poco che facevo, lo facevo sempre responsabilmente, così mi sono portato per tutta la vita, perché io faccio il sarto e se sbaglio un punto io lo rifaccio. In via Calise c’era questa bellissima scuola che per me ha fatto molto, molto, perché c’erano le insegnanti che erano responsabili, che oltre ad essere bravi erano umani, non mortificavano l’alunno, ma dicevano: "Correggiti, cerca di fare meglio", ma non lo annullavano. Ecco perché quelli che hanno frequentato quella scuola non sono rimasti degli imbecilli, l’unico imbecille sono rimasto io. Penso il professore Castellucci perché io ero bravo in matematica diceva: "Tu farai tanto, perché non sbagli mai il compito... tu lavorerai sicuramente, perché conosco la tua famiglia nove che siete..." Con tutto che c’era una mamma che è terribile, ma è umana. "O tutti laureati o tutti al lavoro", infatti mio fratello Guido è stato dipendente di Meneghini e, quando è andato via mio fratello hanno dovuto mettere un qualificato al suo posto, perché era così eravamo persone... e forse dipendeva anche dall’ambiente familiare, perché mio padre per quanto era..., ma mia mamma ci seguiva bene. Quando si ritirava si riunivano tra di loro, per non darci soddisfazione, se c’era un elogio o una mortificazione da fare e poi dopo ne prendevano responsabilmente le direttive. Io non mi posso lamentare, mio fratello Guido nemmeno, Olga non ne parliamo, Maria, ognuno ha preso il suo lavoro, e purtroppo sempre nel campo artigianale. Solo Guido passò all’attività commerciale, perché si impiegò da Meneghini, al suo banco ci sapeva stare, faceva acquistare ai clienti tutto; quello che lui aveva, molta bravura, era molto considerato per questo fatto.

Quale era il castigo che usava il suo maestro?

Il castigo c’era, quando facevano l’interrogazione o ti metteva davanti alla lavagna o ti metteva dietro alla lavagna, se passavi dietro la lavagna era terribile la cosa, se andavi avanti, potevi andare avanti.

Perché era terribile?

Era terribile perché o dovevi essere richiamato, dovevi ripetere dopo qualche giorno quello che avevi sbagliato, dovevi studiare e metterti sotto per bene, esprimere quello che avevi imparato attraverso quel quaderno o quel libro, erano severi, o no severi, diciamo responsabilmente umani, perché se no... ti mettevano in condizione che tu dovevi portare bene le cose avanti e non essere superficiale, quello era importante.

Dove si trovava la scuola?

In via Calise, è a Fuorigrotta, in una traversa ai Pilastri dopo la piazza ai Pilastri.

Perché si chiamava ai Pilastri la via?

Perché c’era un pilastro, una specie di poggiolo che si chiamava pilastro. Anticamente questa strada da via Calise portava ad Agnano, e lì venivano a cavallo tutti i personaggi che lasciavano la carrozza e montavano a cavallo, trovavano il cavallo pronto dove c’era una specie di poggiolo, diciamo, con una doppia scala che si saliva, e dove non si poteva, nemmeno a quei tempi, sforzarsi dovevano portare il cavallo all’altezza giusta, alzavano la gamba e montavano a cavallo, andavano verso gli Astroni a fare la loro partita di caccia. Diciamo  la scuola era situata a via Calise, entrando sulla destra c’era l’ingresso, un atrio, poi l’edificio dava su questo atrio, c’erano quattro piani il primo, il secondo e il terzo piano, ed io ho frequentato la prima, la seconda e la terza e poi sono passato al quarto piano, mano a mano che si saliva, ed io ho frequentato fino alla settima, e poi - ripeto - siccome c’era chi doveva sostituirci, gli anni andavano avanti e c’era chi doveva venire al posto mio e così fino alla settima classe.