Domenico Giannattasio, Napoli 29/03/1924

Intervista realizzata in data 09/05/2003.                                                                                              

Signor Gannattasio lei è nato a Napoli?

No,[sorride] a Fuorigrotta, [aggiunge con orgoglio]

Signor Giannattasio, ora che mi capita spesso di avere per le mani libri scritti da fuorigrottesi, noto che si parla di Fuorigrotta con orgoglio e come di una cittadina, insomma altro da Napoli

Ed era proprio così,.eravamo contenti ed orgogliosi di vivere in una realtà tranquilla e tenuta bene. Quando per necessità andavamo al centro, dicevamo: "Vado a Napoli".

Perché dice per necessità?

Qua non c’erano negozi di abbigliamento. C’erano alimentari, la salumeria Panico, il ciabattino. C’era un solo grande negozio a piazza Leopardi "Tutto per tutti".

Quali erano i mestieri più diffusi?

C’era il ciabattino, il falegname, il salumiere...

Come si facevano pubblicità i negozi?

C’era il pazzariello, mi ricordo  che diceva: "Iate a chillu magazzin’ che sta rimpett’ ‘e croc’. Là truvat’ ‘o vin’ bbuon’"

Signor Giannattasio ha ricordo di feste popolari di quartiere o di rione?

No, però ci divertivamo lo stesso.  Alle tre croci c’era il teatro dei pupi; a pasquetta poi andavamo a piedi sui Camaldoli,  arrivavamo dove ora è il cimitero e poi su per i boschi, fino ai Camaldoli.

E cosa facevate, una volta arrivati?

Mangiavamo, giocavamo a pallone...

Il signor Amodio, ciabattino in via Cumana che abbiamo intervistato ieri, ci ha parlato delle esequie di Carnevale.

Si, ma io non ci andavo, era troppo simile ad una veglia funebre e mi impressionava.

E della benedizione dei cavalli a Sant’Antonio?

Quella si faceva a via Consalvo. Vede a Fuorigrotta eravamo organizzati un po' per clan, che poi corrispondevano ai rioni. Le distanze sembravano più grandi e non ci si spostava per andare da qui [via Lepanto] a via Consalvo, a meno che non si avessero animali da benedire. Tra i rioni c’era una certa rivalità; si giocava a calcio con i "Miraglia" contro i "Duca d’Aosta". Giocavamo con palle di gomma piccole in un campo recintato da filo spinato. Spesso il pallone finiva sul filo e si rompeva. Allora andavamo da "Barbetta" a comprarne un altro. Ne ha vendute di palle Barbetta!