Emilia Mazza , Napoli 04/09/1922.

Intervista realizzata in data 07/01/2003.

 

La parte iniziale dell’intervista non risulta - per problemi tecnici - registrata su video, la trascrizione  seguente,  pertanto inizia, ad intervista già in corso.

In precedenza la Signora Mazza ha raccontato i suoi ricordi di scuola, soffermandosi, tra l’altro, sulle differenze tra l’edificio nuovo della scuola "Leopardi" e l’edificio scolastico del quartiere Vicaria, da Lei precedentemente frequentato: la signora Mazza ricorda la bellezza e la luminosità dell’edificio.

Tra i tanti ricordi di scuola, particolarmente vivo è anche quello riferito allo studio del componimento poetico Il sabato del villaggio,  imparato a memoria quando frequentava la scuola Leopardi

[La testimone si riferisce alla poesia del Leopardi "Il sabato del villaggio"][…] E’ stata molto ammirata da noi ragazzi di quinta elementare quella espressione bonaria di una cosa bella che ti fa vedere le cose. Vedevi quella ragazza con il mazzolino di fiori che si preparava il sabato sera, perché la domenica doveva andare a ballare.

Posso aggiungere qualche frase, qualche poco della poesia del sabato del villaggio? [A questo punto la testimone inizia a declamare i versi del Leopardi e subito dopo si dice convinta che questa poesia sia stata scritta proprio a Fuorigrotta].

Proprio a Fuorigrotta, perché si può dire che tanti anni fa Fuorigrotta era quasi tutta campagna e si vuole che l’abbia scritta dalla strada cominciando dall’Immacolata  andando su. Era tutta una campagna  e allora veramente c’erano i contadini che facevano i fasci di fieno, si coltivava, si vangava. La campana del villaggio insomma le ragazze sul carretto che ridevano, scherzavano, specie il sabato perché l’indomani era domenica. Allora per chiudere la poesia dice, insomma, che il sabato del villaggio è... la giornata più bella, perché c’è la speranza che la domenica poi ci si diverte. E invece quando la passa la domenica poi si diventa triste un’altra volta perché poi il lunedì si ritorna a lavorare. Allora chiude così [e qui recita le ultime strofe].

Nel 1934 si volle, si venne, nel 1934 si viveva sempre maluccio e quella intendiamo, insomma che era, che dava fastidio al genere umano, era la tubercolosi. E la tubercolosi si  doveva combattere non solamente quando uno si ammalava, ma anche con la pulizia, con l’attenzione e tante cose.

E allora dopo che la nostra insegnante, la nostra brava insegnante Savarese, ci faceva capire che anche toccando un cibo con le mani sporche, insomma bisognava fare attenzione anche nelle piccole cose, perché i microbi affollavano dovunque... i microbi attaccavano a voi, allora istituirono un tema che era intitolato: “Sui mezzi di difesa contro la tubercolosi”, un tema svolto solamente dalle alunne di quinta elementare, ma non solamente dalla nostra scuola, ma in tutte quelle di Napoli. Comunque i migliori temi andavano a Roma e dalla nostra classe otto o nove ragazze, insomma fummo premiate, insomma queste nove dieci ragazze mandate a Roma, fra cui anch’io. Dopo tre o quattro mesi, fummo chiamate dalla nostra insegnante Savarese che ci salutò tutta beata, tutta contenta, ci consegnò un attestato di Mussolini così intestato: “All’alunna di quinta elementare Mazza Emilia, per aver lodevolmente svolto il tema sui mezzi di  difesa della tubercolosi”.

Questo attestato è stato il più bel ricordo , insomma io ero felice di mostrarlo alle mie amiche, innanzitutto a mia madre, a mio padre, erano proprio felici.

Con l’andare degli anni mia madre, però intanto con la malattia di mia madre, mia madre si è ammalata gravemente ed ha distrutto le fotografie di scuola, sia l’attestato, sia tante cose. Io non posso dimostrare questo che mi sarebbe, sarebbe stato tanto bello, sarei stata proprio felice.

" Perché, da chi era firmato il diploma?"

Era il diploma, era firmato, proprio da Mussolini.