Giuseppina Mazzaccara

Ricorda qualche episodio della guerra?

Subito dopo la laurea ci fu una cosa tremenda: la guerra. No, c’era già la guerra, perché io mi laureai nel 1942 quindi era già iniziata la guerra. Fummo costretti, dopo la mia laurea, per i primi bombardamenti che arrivarono a Napoli, fummo costretti a lasciare Napoli, perché le scuole si chiusero. Dopo un bombardamento terribile del dicembre del 1942 sfollammo a Salerno, perché mia sorella doveva completare gli studi, io ero appena laureata e lei doveva completare gli studi e ci trasferimmo a Salerno, dove passammo alcuni mesi fino a giugno. A giugno ci fu un terribile bombardamento anche a Salerno. Allora noi anche da Salerno andammo via e ci trasferimmo, fummo ospiti degli zii ad Altavilla Silentino, un paesino che domina la pianura di Paestum. Lì cominciò la nostra odissea, perché credevamo di esserci messe al sicuro lì, invece ci fu lo sbarco, il famoso 8 settembre, la caduta del fascismo, cominciammo già ad avere molte preoccupazioni, perché si sapeva, si parlava già di un possibile sbarco e l’8 settembre, quando noi avemmo la notizia dell’armistizio non facemmo nemmeno a tempo a renderci conto  di quello che era successo dell’armistizio, perché la notte fu una notte di tragedia, perché ci fu lo sbarco a Paestum. .Altavilla è sulla collina che domina la pianura di Paestum e veramente fu terrificante, perché il cielo era illuminato a giorno dai razzi, assistemmo allo sbarco, non vedemmo niente, perché il cielo era illuminato a giorno e non sapevamo che cosa era successo, perché non ci eravamo resi conto di quello che stava accadendo. Lasciammo tutti il paese, tutti. Ognuno scappò per conto suo, non ci ritrovammo mai. Io, mia madre e mia sorella sulla collina, cercammo di metterci al riparo salendo il paese in alto,andando all’altro lato della collina, per ripararci da questo inferno, andammo a finire in una casa , ricordo ancora, un casolare abbandonato da cui i contadini erano fuggiti,passammo la notte lì e fu una cosa tremenda. Gli americani arrivarono in paese dopo due giorni di bombardamento continui e noi ritornammo in paese, perché ci avvertirono che gli americani stavano arrivando e che era bene ritornare in paese. Noi scendemmo e ritornammo in paese sotto i bombardamenti, mitragliamenti degli aerei, perché mitragliavano addirittura, perché eravamo in molti che tornavamo in paese e riuscimmo a farla franca, perché alcuni morirono pure. Ritornammo in paese e intanto restammo intrappolati lì, perché cosa avvenne? Avvenne che gli americani con molta facilità erano arrivati a prendere questo avamposto che era il primo che dominava; questo era lo sbarco di Paestum insomma, che dominava la piana di Paestum. Però c’erano un piccolo nucleo di tedeschi, arroccati in alto del paese nella parte alta, i quali aspettavano rinforzi che venivano dalla Calabria, insomma erano pochi, però passavano al contrattacco in modo che gli americani furono costretti a fuggire, e noi assistemmo a tutto questo.Allora la battaglia, proprio perché gli americani furono ricacciati quasi fino al mare e per riprendere il paese e tutta la zona, ci fu un cannoneggiamento dal mare, dalle navi su tutto il paese. Passammo dieci giorni dall’8 settembre al 18 settembre, stemmo in prima linea, eravamo rifugiati nelle cantine non a casa nostra, ci trovammo in una schiera. Eravamo un gruppo di persone, ognuna cercava di rifugiarsi in un posto. Sentivamo durante la notte tutti i combattimenti, non sapevamo se eravamo in mano agli americani o in mano ai tedeschi, ci accorgevamo dal rumore dei passi, perché quando c’erano le scarpe chiodate dei tedeschi, si capiva che erano tedeschi, invece gli altri americani.Questo bombardamento continuò e molte persone che erano venute sfollate ad Altavilla, anche da Napoli, perirono sotto le macerie, perché il paese fu distrutto. Noi ce la facemmo franca non so perché,  senza mangiare, stemmo dieci giorni senza acqua, cibo,senza poterci lavare, seduti su certi scanni e quando finì questa battaglia, perché fu una battaglia per riprendere il paese, noi uscimmo da questi ricoveri, ricoveri per modo di dire, trasformati, perché eravamo diventati degli animali proprio, avevamo pidocchi, non so come vivemmo. Noi per dieci giorni desideravamo la morte, perché non ce la facevamo più, uomini con la barba lunga, veramente fu una cosa terribile proprio. Quindi il 18 finalmente gli americani, dopo l’attacco dal mare, riuscirono a riprendere il paese. Nel castello del paese ci fu la lotta proprio corpo a corpo fra i tedeschi e gli americani, anche per le strade del paese facevano la guerra.

Cosa ricorda della scuola Giacomo Leopardi?

Come ho già detto ho frequentato la scuola elementare alla "Leopardi", che allora era una scuola all’avanguardia per pulizia e bellezza, un edificio ben messo con corridoi spaziosi e aule ben tenute, pulite. Anche noi alunni eravamo tenuti ad indossare una divisa che era perfetta, con il grembiule nero e il colletto bianco, nastri, coccarde sul colletto e nastri, ogni classe aveva il suo colore: rosso per la prima, mi ricordo, rosa per la seconda, mi ricordo ancora sai, azzurro per la terza, verde per la quarta, giallo per la quinta, mi ricordo. Era veramente uno spettacolo vedere questi alunni tutti colorati. La maestra ci teneva a tenere che le alunne avessero la divisa ben messa, per cui c’erano sempre nel cassetto della maestra, c’era sempre qualche nastro che veniva dato alle alunne che lo avevano dimenticato, perché la divisa doveva essere perfetta Quando si entrava e si usciva incolonnate e accompagnate fino all’uscita dalla maestra, perché avevamo un direttore severo, il direttore Palumbo che era proprio il terrore della scuola, perché ispezionava tutto e passava nei corridoi, ed era possibile per lui vedere quello che si faceva nelle classi, perché in ogni aula su ogni porta, sulla porta di ogni aula, c’era un... come un oblò, per cui il direttore poteva guardare, mettere l’occhio e guardare dentro e vedere che cosa si faceva. La scuola era fornita pure di un altoparlante, per cui venivano impartite anche disposizioni, se il direttore voleva parlare poteva parlare e veniva sentito nelle classi. Avevamo allora la scuola, era il periodo fascista, quindi c’era un unico libro, il libro Moschetto, un libro per ogni classe, unico per tutti. Se non sbaglio era scuro, era sussidiario e lettura. Io ho avuto un’insegnante molto brava che non dimenticherò, che era un po' all‘avanguardia anche lei per il metodo d’insegnamento. Avevo, ricordo, un quaderno di scuola e un quaderno di casa.