Immacolata Perrino Napoli 18/01/1927

Intervista realizzata in data 08/11/2002 e in data 15/02/2004.

 

Mi chiamo Perrino Immacolata, ho settantasette anni. Un ricordo del passato della mia infanzia è il terremoto del 1930 e le persone urlavano, scappavano, gridavano, io non capivo niente, però mi attaccavo a mio fratello per essere protetta, perché era più grande di me. Tutti i giorni, specialmente in serata, ce ne andavamo in piazza dove c’erano i tram e dormivamo là, io sempre legata a mio fratello perché avevo molta paura.

Poi, se parliamo dei vestiti, non era, diciamo, come oggi che si poteva spendere qualche cifra per i vestiti. I vestiti delle sorelle più grandi passavano a quelle più piccole. Io avevo mia sorella molto più grande di me, Grazia, che mi improvvisava dei vestiti con, non lo so, delle cose che c’erano in casa di vestiti vecchi e mi improvvisava dei vestiti e mi vestiva, perché le piaceva fare così. Poi mi ricordo, giochi non ce n’erano proprio, giocattoli chi li ha visti mai, semmai una bambolina, così, di pezza, ma non c’erano. Io quando tornavo dalla scuola nelle ore dopo fatti i compiti, giocavo, avevo una cassetta, cioè diciamo una cassetta, una scatola con tutti i bottoni che li tenevo conservati; li preparavo sul tavolo e mi mettevo a giocare con questi bottoni, io facevo la maestra e loro gli alunni, e questo era. Poi, diciamo, che per i vestiti e per tante altre cose non si poteva scegliere. Però mia mamma aveva una persona, detta 'a capera, che veniva tutti i giorni a pettinarla e un giorno portò dei vestiti bellissimi e disse: "Donna Rosaria, io ho portato dei vestiti per Immacolata."  Io tutta contenta, soddisfatta perché per me era, diciamo, una cosa bellissima, e mia mamma disse: "Adesso ce li misuriamo. " Misura, misura, vedi, questi vestiti erano bellissimi e comunque io ero convinta che mamma me li avrebbe presi, invece non si misero d’accordo con il prezzo e non li ho visti più.

Parlo di mio padre: mio padre per me aveva  una figura importante, era un padre esemplare, cosa che io non è che vedo oggi, con i papà di oggi che sono molto permissivi con i  figli. Mio padre era tranviere, quindi portava, come si dice, la paga a casa, però la famiglia era numerosa e quei tempi, non ci mancava niente, però diciamo lui si sacrificava per i figli e non ci ha fatto mancare niente. La severità - era un uomo molto, molto severo - ci teneva per l’educazione, per il comportamento della persona sia a casa sia a tavola, non voglia mai Iddio che si rideva a tavola: "Alzati e vai fuori, quando hai smesso di ridere torni a casa." A scuola si va e non c’erano motivi per non andare, poi quando tornavo dalla scuola, si mangiava e subito a fare i compiti, perché lui voleva che... poi quando lui non andava a lavorare di pomeriggio, mi ricordo durante l’inverno, accendeva il fuoco, faceva il braciere, ci radunava tutti intorno e raccontava cose della sua guerra, alcune cose della guerra 1915-18, e poi altre volte ci leggeva il libro Cuore, ogni giorno ci leggeva una paginetta a me, mie sorelle ai miei fratelli e qualche amica che abitava vicina e restava insieme con noi, tutti insieme a leggere. Si cenava e poi si andava a dormire. Quindi la figura di mio padre è stata per me un padre esemplare.

Parlo di mia madre: mia madre la chiamavano sacco 'e sciore  perché lei in gioventù, con i suoi genitori, aveva, come si dice, un’osteria che vendeva un po' di tutto, cucinavano, vino, e tutti quanti, non lo so perché a quei tempi si dava un nominativo al di sopra del vero nome, quindi io mi ricordo che mia mamma per noi è stata una mamma buona, protettiva, diciamo ci teneva molto per la pulizia, faceva tante belle cose in casa, una vera mamma casalinga di quei tempi. E comunque quando sentivo parlare di mia madre, sacco 'e sciore era una cosa che mi dava fastidio, non mi piaceva, però purtroppo a quei tempi non c'era una famiglia che non aveva un soprannome. Poi devo dire di mia mamma, mia mamma è stata una donna che sempre ci ha tenuto molto per i figli, per la famiglia, per le amicizie; commare e commarelle, perché per niente.... commarella,  commarella, ed io dicevo chi è? Perché commare e commarelle erano una cosa sola. E quindi... quando andavo a scuola, lei non solo a me ma anche ai miei fratelli e alle sorelle quel... il collo che portavamo, il colletto diciamo, tutto pieghettato e inamidato lo stirava tutte le mattine, il nastro, questo colletto ci teneva a farlo stare bene e preciso, e se poteva andava pure nel banco per sistemarci seduti nel banco con tutte queste fantasie sue che aveva. Il fiocco doveva essere grande, ci metteva le carte dentro e che adesso queste cose oggi non si usano più, ma io ricordo queste cose che mia mamma ci teneva ad essere così puntuale per la pulizia e per tante cose, cucinava bene e comunque era un'ottima mamma. Poi  le piaceva cucinare, impasticciare, a Pasqua faceva le pastiere, tante di quelle cose belle e a quei tempi veramente si poteva mangiare bene, quando si poteva, comunque.

Avevamo una casa molto grande, abitavamo a via Cumana 19, perché la mia famiglia era numerosa. Mia madre ha avuto undici figli, tre li ha persi e uno, mi ricordo, nell’epidemia, mi ricordo perché lo raccontava mia mamma, perché non ero neanche nata allora, che uno di loro è morto con l’epidemia della spagnola e che a quei tempi fu proprio una morte grande per tante persone.

Quindi io mi ricordo dei miei fratelli, e di mio fratello più grande ricordo un episodio: lui si faceva la barba e mentre si faceva la barba, io ero piccola, tenevo una monetina e me la sono ingoiata, a che lui mi ha preso e portata in ospedale, non mi ricordo se col tram o con la Cumana, mi ha portato ai "Pellegrini", quindi lui era molto, diciamo, severo e anche geloso delle sorelle e addirittura non voleva  se si camminava per la strada da sole. Ricordo un episodio che in casa di mia sorella sposata c'era una festicciola ed io stavo ballando con un amico di mio fratello, a che vidi fuori la porta questo mio fratello più grande e me ne scappai sotto il letto, e che tutti dicevano: "Ma che è successo, non ha fatto niente, perché è scappata la signorina?" E comunque questo è il ricordo che ho di mio fratello più grande.

Poi ricordo pure che non ero tanto grande diciamo, neanche signorina, una ragazza diciamo di dieci anni e tutti i giorni la mamma mi mandava a portare il mangiare alla mia nonna, che era molto, molto anziana, e la nonna un soldino, due soldini così mi dava, per poi... un bel giorno la nonna morì e una cosa che a quei tempi ci tenevano molto, mia mamma mi ha vestita dalla testa ai piedi di nero, cosa che oggi è ridicolo. [...] Un’altra cosa che ricordo della mia infanzia, alla seconda elementare quindi mi sono ammalata di broncopolmonite e stavo molto male e a quell’epoca non si curava come adesso, non c’erano tutte queste medicine che ci sono oggi, quindi la cosa fu lunga. Quando, un mesetto stetti a letto, il medico diceva che non ce la faceva più perché non poteva più curarmi. Un bel giorno, non lo so, mia sorella con una cognata, con l’aiuto di un mio fratello andarono a Sant'Antonio di Posillipo e si fecero dare il cappuccio di Sant'Antonio, me lo portarono e me lo misero in testa. Il medico mi trovò con questo cappuccio e disse: "Cosa hai fatto, hai messo il cappuccetto? Che cosa è?" E loro spiegarono tutto. Quando il medico mi ha visitato dice: "Senti, Sant'Antonio ti ha fatto la grazia perché io ti trovo meglio, ti tolgo pure alcune medicine che non hai più bisogno." Dopo la guarigione, loro mi fecero un vestito da Sant'Antonio con il cordone perché allora si usava, e mi fecero andare in chiesa a ringraziare per la messa e facemmo, come si dice, la questua là, per la chiesa, quindi questa cosa la ricordo bene. Poi, dopodiché, sono tornata a scuola e tutto era normale, ringraziando Iddio è passato.