Immacolata Perrino |
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Allora io quando andavo a scuola. mi
ricordo il primo giorno è stato molto emozionante e pure essendo una
bambina, ho avuto però la mia prima emozione che mi vedevo in mezzo a
tanti bambini, a tante persone, poi entravo nella scuola e giorno per
giorno passava il tempo però io ero sempre timida, mi sedevo nel banco,
mettevo le mani indietro e così rimanevo, la maestra mi diceva:
"Perrino mi sembri una mummia", ed io non sapevo se dovevo muovermi,
se dovevo rispondere, se dovevo, non lo so, era così perché ero molto
timida. Comunque questo in prima, in seconda mi sono ammalata e per un
mese non sono andata a scuola. Poi quando è passata la malattia sono
ritornata ed è andato tutto bene, anzi conoscendo la mia maestra, la signora... c’era la maestra Del Dane, facendo la conoscenza anche lei si
è affezionata a me e tutte le mattine mi dava dei soldini e si faceva
comprare una pigna d’uva, che io gliela portavo tutte le mattine, lei la
metteva nel bicchiere e a chicco a chicco se la mangiava. E pure io ero
molto affezionata a questa maestra, però purtroppo la maestra si è
ammalata e ci hanno divisi per tutte le classi, un gruppo per classe e
questa cosa a me mi ha fatto tanto male perché ormai mi ero affezionata
con lei e mi ero svegliata anche un poco della mia timidezza. Però un bel giorno la maestra che stavamo con lei ci ha chiamati e ci ha detto che la nostra maestra era morta. Quindi ho avuto dispiacere veramente perché ormai erano passati due anni con lei, ero stata bene, tutte queste cose qua. Poi ho continuato la scuola, per me ero felicissima di andare a scuola, mi piaceva però non ero in grado di fare amicizia con le altre ragazze, con gli altri bambini e mi ricordo che ci davano pure l’olio di fegato di merluzzo, passavano la mattina col cucchiaio e con l’arancia e questa cosa insomma. [...] Poi ho continuato la scuola e la quinta non l'ho finita perché mia sorella, quella più legata a me, aveva cambiato casa, si era sposata e ha voluto che io andassi a vivere con lei e non ho finito la quinta. Ricordo che gli ultimi due anni li ho fatti con la maestra Riccio. Avevo un’amica, che come anche oggi, quando incontri un'amica, amica del cuore, che si confida, dice tutto, parla, incominciavo a farmi più signorinella e i ragazzi ci venivano intorno e allora ci dicevano le cose, e tutto questo è successo e nel frattempo è arrivata la guerra. La guerra... ci ha ridotto a pezzi. Mio padre cominciava a non lavorare più, poi prima che cominciasse la guerra c'è stata la guerra sul territorio, hanno abbattuto i palazzi e che non si capiva più niente, innanzitutto la chiesa di San Vitale che era bellissima, era una cosa stupenda, io la ricordo bene perché ho fatto anche la prima comunione in quella chiesa, e quindi, dopodiché, si sono fermati i lavori per la guerra, e poi abbiamo fatto una lotta, una lotta di fame, una lotta per dormire, sotto i ricoveri, ci siamo infangati, ci siamo ammalati perché non avevamo acqua, non avevamo carbone, non c'era niente da mangiare, si facevano le file per... non lo so, delle persone della mia età lo ricorderanno, le bombe e non, e non si dormiva più, non si è capito più niente. Io poi tenevo mia sorella, la più piccola, che era gemella, si era ammalata, ammalata con i dolori perché andavamo sotto i ricoveri e quindi lei si è ammalata e, dopodiché si è ammalata pure di cuore e siamo andati a vivere io e lei con una signora sotto il ricovero per non correre la notte, per non fare, diciamo della strada perché lei non poteva fare queste corse, e diciamo io per la paura non dicevo niente, però la mattina quando ci alzavamo il materasso era bagnato e mia sorella ha avuto la ricaduta dei dolori, si ammalò più di cuore e non c’erano più medicine perché poi più si andava avanti e più le cose, non c'era da mangiare, si mangiava patate scaldate, non c'era niente. Il pane non ne parliamo, il pane era pure diciamo, come si dice, ognuno di noi aveva la sua porzione e quindi non era un pane che potevi comprare come ne volevi e mangiare come si vuole a che mia sorella si è ammalata di più, quando siamo andate a lavorare io e mia sorella, quella più grande di me, in una lavanderia americana perché dovevo aiutare la famiglia, perché mio padre non lavorava, in casa non c’era niente e così quando è finita la guerra siamo andati a lavorare in questa lavanderia americana per aiutare un po' mia sorella per la sua malattia, invece mia sorella a solo tredici anni è finita, è morta e c’era un lutto enorme in casa mia, un lutto che non si poteva ridere in casa mia, non si poteva neanche mangiare, non si poteva dire, diciamo si mangia questo, si mangia quello, si mangiava la pasta scaldata non so per quanto tempo. Pasqua e Natale non esisteva più in casa mia, e comunque noi è passato più tempo, lavorando in questa lavanderia ho conosciuto mio marito, anzi ricordo proprio nel periodo della guerra, eravamo tutti, ma dico tutti, perché io non me lo posso dimenticare, con la scabbia, con i pidocchi, con tante malattie per quello che si mangiava, mio padre con una santa pazienza tutte le mattine mi curava, mi puliva dalla testa ai piedi, proprio una cosa indescrivibile e quindi questa cosa ci faceva molto male perché poi c’era mia sorella che era malata e mio padre con tanta pazienza perché lui diceva ragazzi andate piano non correte, e un bel giorno mi ricordo mio padre disse: "Dovete correre, non ce la facciamo", e ci furono delle bombe pure a Fuorigrotta e una chiesetta piccolina a via Giacomo Leopardi nell’angolo, c’era una chiesetta che adesso non ricordo bene il nome, piccola, e l'hanno abbattuta le bombe e non si poteva neanche correre, perché non ce la facevamo, ed è stato un bruttissimo, va bene. Poi è passato il periodo della guerra e c’è voluto tanto, tanto tempo per riprenderci, sono cominciati i lavori un’altra volta a Fuorigrotta, La Mostra
d’Oltremare che non c’era perché lì c'erano tanti campi, là tante
cose, delle volte noi andavamo a comprare il latte laggiù, e si camminava
sempre a piedi, perché non esistevano tutti questi mezzi, macchine,
motorini come ci sono oggi perché oggi c’è il benessere e i figli,
dobbiamo dirlo, sono i figli e tutto quello che vogliono hanno. Ma noi
purtroppo... ringraziando Dio... Poi ho
conosciuto mio marito mentre lavoravo in questa lavanderia, poi ci siamo
fidanzati e siamo stati fidanzati sette otto anni, non ricordo bene, ci
siamo sposati il 1952, e abbiamo avuti sei figli, tre maschi e tre femmine. E
diciamo che quando io sono andata alla scuola "Giacomo Leopardi" ho portato
i miei figli più grandi, mi è venuta un'emozione ricordando tutta la mia
infanzia, la mia scuola e, dico, guarda un po' il tempo come passa,
nientedimeno che venivo io a questa scuola quando ero piccola, così è
andato avanti... sei figli tre maschi e tre femmine, tre
di loro si sono diplomati e tre hanno preso solo le scuole medie. Adesso ho un altro figlio che sta a Milano, perché mio marito si è ammalato diciamo nella... siamo stati felici, abbiamo vissuto bene veramente e poi mio marito si è ammalato e se ne andato che aveva cinquantaquattro anni. Ho continuato la mia vita assieme
ai figli e si sono sposati tutti. Ho quindici nipoti, la mia famiglia è molto
grande, io ho vissuto la mia vita, diciamo, con la guerra, però ho anche
avuto dei momenti belli, qualche viaggetto abbiamo fatto, ho avuto
soddisfazioni dai figli miei e ringrazio il Signore perché oggi è tutto
cambiato. Adesso devo dire un ricordo bello, prima di sposarmi che ho frequentato da piccola l’Azione Cattolica che mi piaceva tanto. L'ho frequentata, poi ho partecipato a tante cose belle che si facevano, le uscite delle processioni, ho insegnato un po’ di catechismo ai bambini, che diciamo mi trovavo bene con loro e poi mi sono sposata e ricordo pure quando mi sono sposata, un ricordo bellissimo, che in questo momento mi viene anche l’emozione, è che il Monsignore Cafaro mi ha sposata e mi ha fatto una bella messa con la Scuola Cantorum, che mi hanno cantata loro la messa e l’Ave Maria e poi un’altra cosa bella che conservo ancora con tanto affetto, il telegramma del Papa Pio XII Pacelli che ha mandato e il Monsignore Cafaro me lo ha letto sull’altare. Questo per me è stata una cosa bellissima e conservo ancora il regalo che mi ha fatto la Gioventù dell’Azione Cattolica. Un ricordo dell’Azione Cattolica, pure che era bellissimo, perché quando si organizzavano queste processioni, queste cose, stavamo tutti insieme e ognuno diciamo pensava di fare qualche cosa di bello poi, come se fosse un divertimento diciamo, però era una cosa bella perché c’era la processione e la festa di San Vitale ed era molto popolare, perché veniva gente da tutte le parti, da Pianura, Soccavo perché allora non era come oggi e si festeggiava molto Sant'Antonio della chiesetta di... E venivano pure nel nostro palazzo perché si festeggiava, poi dopo la processione si festeggiava ancora con i cantanti, era bello. Un’altra cosa mi ricordo dopo tutte queste cose belle della processione, la sera scendevamo quando c'era Arturo sui fili e che per noi era una cosa bellissima, nuova, una cosa diversa perché non c’erano divertimenti, non c’erano queste discoteche come oggi ci sono... così alla luce del giorno e quindi una volta, così sono cose che ti metti a pensare e ti ricordi bene, bei ricordi e come si dice, uno cresce con queste cose così e poi dopotutto quello che hanno passato con la guerra, ricordo pure che si parlava del teatro di Don Achille, però io non ci sono mai andata perché mio fratello assolutamente non voleva che io andavo da quelle parti, però per l’Azione Cattolica e la chiesa mi lasciavano libera, perché era una cosa che mi faceva piacere e continuo ad essere così, quando posso sto sempre in chiesa, perché la cosa mi fa bene. Quindi sono bei ricordi. |
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