Antonio Mari

Fu in questo periodo che intrapresi i più vari mestieri, come “ragazzo” o “garzone” come si suol dire oggi con linguaggio più forbito, dal lavoro in una salumeria, al sarto, al barbiere. Tutto per impegnare il tempo e guadagnare qualche soldino, fino a quando non incominciarono i bombardamenti e la nostra vita e quella di tutti i cittadini divenne un inferno e si svolgeva buona parte nei famosi “ricoveri” o in corse verso il "tunnel della Laziale", se l’allarme era dato con anticipo sull’arrivo degli aerei da bombardamento, dove ci sentivamo più protetti dalle bombe.

In quel periodo, quando si poteva, frequentavo anche la chiesa dell’Immacolata, proprio di fronte alla scuola "Leopardi" con il ricordo di padre Vincenzo Cangiano, da non confondere con il parroco di San Vitale, che si chiamava anch’esso Cangiano ma di nome Mario, ove, oltre a servire la Santa Messa la domenica, che allora si recitava tutta in latino, qualche volta, quando ce n’era bisogno, mi faceva suonare le campane sia per il richiamo dei fedeli alle "Messe", che per qualche funerale.

Ritornando alla scuola "Giacomo Leopardi" bisogna dire che questa ebbe periodi travagliati; durante il periodo bellico prima fu occupata dalle truppe tedesche che, oltre nella scuola, avevano le loro basi anche in via Canzanella Vecchia ed in altri posti di Fuorigrotta. Durante la venuta degli alleati, questa fu occupata dalle truppe francesi e precisamente dai soldati marocchini e senegalesi. Anzi a tale proposito ricordo che ci fu un assedio alla scuola da parte degli abitanti di Fuorigrotta contro gli occupanti perché questi avevano, dicevano all’epoca, o stuprato una ragazza che abitava in via Leopardi o che era scomparsa una ragazza e accusano questi di averla mangiata, perché si vociferava che i senegalesi erano cannibali. Su questo ricordo non ci metterei la mano sul fuoco. Per togliere quest’assedio alla scuola dovettero intervenire le truppe americane.

Episodi di guerra: ricordo con orrore, nel periodo della Resistenza, come un soldato tedesco che cercava disperatamente abiti civili (mia madre ne aiutò molti di questi ragazzi che volevano scappare dandogli abiti civili di mio padre e dei miei fratelli) per poter fuggire e mettersi in salvo, nel periodo di sbandamento delle truppe germaniche per l’arrivo degli alleati, fu abbattuto, durante la notte e lasciato per terra per tutta la notte, da una fucilata sparata da uno pseudo-partigiano, tra via Leopardi e rione Duca d’Aosta. Fu poi trascinato e buttato in un chiusino/fogna posto proprio vicino la scuola "Giacomo Leopardi", dove gli americani  dopo qualche giorno lo tirarono fuori per dargli sepoltura.

Nel periodo degli americani mi diedi anche al commercio, vendendo a questi, delle medaglie ricordo dell’inaugurazione della "Mostra", con buon profitto.

Precedentemente a questo periodo, quando ancora c’erano le truppe tedesche e non c’era ancora la Resistenza e le truppe alleate, ci furono diversi saccheggi fatti dalla popolazione nella zona di Fuorigrotta. Il più importante saccheggio fu fatto allo "Sferisterio" dove c’era una montagna di scarponi militari,(e i nostri soldati al fronte avevano le pezze ai piedi), balle di mussola e di panno verde che dovevano servire per le divise ai militari. Fu un saccheggio spettacolare e parteciparono ad esso grandi e piccoli.

I miei fratelli più grandi riuscirono a portare a casa diverse paia  di queste scarpe e servirono a calzarci tutti quanti. Il pomeriggio però passarono per tutte le strade di Fuorigrotta le autoblindo tedesche che chiedevano la restituzione della roba saccheggiata pena la deportazione immediata. Ci furono persone che lanciavano dai balconi parte della roba saccheggiata ma il grosso rimase nelle nostre case nascoste nei posti più vari, e così dopo si poté fare anche un po' di commercio vendendo queste scarpe ed altre cose saccheggiate, perché c’era gente che aveva all’epoca parecchi soldi per questo tipo di investimento, arricchendosi.

Altri saccheggi furono fatti ai vagoni della stazione ferroviaria dei Campi Flegrei dove la gente si portava, rotolando fin quando non si sfasciavano, delle botti di legno che all’interno contenevano della melassa o sciroppo di colore rosso, e furono trovate anche casse di scarpe per donna. Infine fu saccheggiato anche l’Albergo delle Masse dove la gente portava via tutto, dalle tende ai w.c.

Dopo qualche anno di periodo bellico mi iscrissi alla Scuola Marittima che si trovava in via Tribunali dove conseguii il diploma di padrone marittimo e che non è mai servito per il lavoro in quanto avevo l’idiosincrasia per il mare.

Successivamente, e qui facciamo un salto di diversi anni, a diciotto anni mi invitarono per andare al lavoro e così mi impiegai presso un ente di ricerca scientifica a Napoli, la Stazione Zoologica "Acquario", dove ho lavorato ininterrottamente fino al sessantacinquesimo anno, giorno della mia collocazione a riposo in pensione.

Nel 1958 contrassi matrimonio e la mia casa fu allietata, negli anni successivi, dalla nascita di quattro figli di cui i primi due maschi e le successive femmine, tutti diplomati e una sola  laureata, e che oggi occupano posti nell’amministrazione pubblica, mentre la mia prima figlia si è spostata da Napoli da diversi anni, ed insegna nella regione dell’Emilia Romagna.

Oggi io mi godo il meritato riposo ma, credetemi, non sono stato mai a riposo completamente ma, mettendo in essere varie attività hobbistiche, ho tenuto in allenamento il cervello che è la fonte del nostro. benessere anche fisico.

Chiudo questa conversazione, certamente lacunosa ma veritiera, con due considerazioni: la prima è che sono riuscito a vedere e capire a che punto la mia arteriosclerosi è arrivata e dico che sono contento delle mie condizioni intellettive (scusate l’immodestia) mentre per la seconda considerazione dico che la scuola per me, per i miei fratelli e poi, anche per i miei figli, è stata di grande aiuto per crescere bene, sano intellettualmente e per apprendere le nozioni della vita nella sua complessità, cose che poi sono state trasmesse ai miei figli i quali oggi sono prodighi di attenzioni nei miei confronti e di grosse soddisfazioni di vita per me, per il lavoro che svolgono.

Vorrei chiudere questo incontro anche se lacunoso con questa frase che non ricordo né chi l’abbia scritta, né dove l’ho letta, ma che mi sembra emblematica per voi insegnanti, per noi genitori oggi nonni, per voi giovani che vi accingete ad affrontare oggi la vita di giovani e di genitori domani: "Il mestiere più antico e più bello è quello di fare di ogni bambino un galantuomo"

Grazie della vostra attenzione.