Benedetto Verdiani

 Ho fatto da Pescara a Monopoli a piedi, impiegai una decina di giorni facevo trenta chilometri e devo dire, non so perché, mi hanno aiutato proprio i tedeschi, però dei tedeschi non facciamo tutta "un’erba un fascio". I tedeschi erano di due specie: eran’ i tedeschi di Hitler e eran’ i tedeschi austriaci. Gli austriaci erano tanta brava gente, forse ho trovat’ tutti tedeschi austriaci, chill’ quas’ quas’ ogni tanto trovavo un tedesc’ ca facev’ a stess’ strada mia io facev’ accussì (autostop) e chill’ mi mettevan’ a bordo e chill’ m’ portavan’ fino a dove volev’ io. Insomma trovavo gente cordiale e semplice che scherzav’ perché allora io poi, siccome frequentavo l’Orientale, balbettavo anche un po' di tedesco, è chiaro. L’unico guaio fu quando arrivai alla cittadina delle Puglie, un ricordo ancora: Andria un paesone grande Andria pare che adesso ha più di centomila abitanti Andria. Per tutta la cittadina dei manifesti: “ E’ proibito lasciare il paese , le truppe inglesi stanno per arrivare” Quando vidi quel manifesto, l’avevamo incontrato quasi in tutti i paesi quest’ manifesto, non facemmo caso, continuammo a camminare. Improvvisamente mentre stavamo int’ a 'na campagna sento un fucile dietro le spalle. Era un tedesco: "Verboten, verboten - proibito, proibito, torna indietro, torna indietro, torna indietro" e tornammo indietro e trovammo una casa di campagna aperta, l’avevano abbandonata. Entrammo dentro di ‘sta casa, avevamo qualcosa da mangiare: frutta, quello che si trovava per la strada. Uè quello compar’ ‘nata vota il tedesco co’ fucil’ man’ sulla soglia della porta: " Verboten verboten"  dovemmo tornare indietro. Che success’ ci ospitò in una stalla, cioè in un pagliaio, una famiglia di contadini, dormimmo, a nott’ facemmo ‘o pian e guerra e effettivamente stann’ gli inglesi allà ci trovamm miez o fuoc’.

Facciam 'na cosa invece di andare dritto, andiamo verso l’interno e così facemmo. Camminammo, camminammo tutta la santa giornata. A sera finalmente, sull’imbrunire, arrivammo a Molfetta tutti uccisi; arrivammo a Molfetta, gli inglesi entravano. Finalmente trovai un treno che arrivava fino a Brindisi e allora su questo  [percorsi] il tratto agibile... e finalmente mi incontrai con la mia famiglia. [...]

[a questo punto il testimone racconta come ha iniziato a lavorare] Incontro un amico: "Uè! vediamo, che fai, che non fai", sai tutti quei convenevoli spontanei effettivamente perché due morti che risuscitavano [...] "Vuoi veni’ a lavorare?"- disse lui. "Ma io nun agg' mai lavorat’!". "Mio padre, tu sai, è direttore di quel cantiere navale, come impiegato". "Ma si guadagn’?" - "Dieci lire". "Al giorno?" "Comm’ al giorno, dieci lire all’ora." "Tu che stai dicenn’ dieci lire all’ora?" "Si, domani vieni..".  

Io domani andai e fui subito assunto. Quando fu il sabato portai,  io m’ ricord’ ancora, seicentottanta lire. Mio padre, quando vide quei soldi disse: "Io a stent’ piglio mille lire al mese. Tu int’ a ‘na settimana hai pigliato seicentottanta lire e non sai fare niente. E’ chiaro, però mi misero come tecnico perché ero bravo al disegno io, come disegnatore. E la sono stato quattro, cinque anni in quel cantiere. In quel cantiere io mi sono sposato pure. Andavo sempre avanti perché ero diventato un tecnico navale addirittura. Venn' un collega, ije stong’ rint’a scol’ io ho fatto la domanda comm’incaric’ e supplenz pecché nun a fai pure tu? Mia moglie ci teneva un poco: "Tu t’ si quasi laureat’". (non ero ancora laureato) "Tu sei quasi laureato pecché…"; feci a domanda e fui assunto e ho fatto quattro anni di fuori ruolo. Non ho fatto un giorno di supplenza; quattro anni di fuori ruolo sempre incarico annuale. Il secondo anno però ebbi una fregatura perché feci un concorso. Io non mi preparai, dissi: "Tu si ex combattente. T’hann’ arà pe’ forz’ il posto". Non mi preparai, andai, così fui fregato. Ebbi il posto come scuola popolare. Mi ricordo ancora: tredicimila mila lire al mese. Da trenta mila lire era il mio impiego. Io così cominciai a lavorare con trenta mila lire più sei di assegni familiari. Con lezioni private tirammo avanti quell’anno. Feci subito un altro concorso. "Allora stavolta Verdiani si mettette a studià". Su milleduecento posti allora risultai trentesimo. Dopo ci stava l’ispettore; che faceva? Esaminava alla letteratura infantile. Io che studiavo l’inglese portai appresso con me un libro Gulliver’s travels. E io cominciai a parlare di questi viaggi di Gulliver. Sennonché I viaggi di Gulliver non è nato come libro per l’infanzia. Quello è una satira politica. I nani rappresentano il povero, è certo, e cominciai a fare queste osservazioni. Poi I viaggi di Gulliver abitualmente sono due libri: uno della terra dei nani e uno della terra dei giganti. Però ci stann’ altri due libri appress’ e io cominciai a parlare pure degli altri due libri. L’ispettore proprio... parlav’ napulitan: "Tu addò hai letto chesti cose, cca dint’?". -  Dicett’: "Professò chist’ è 'E viaggi e Gulliver, sono quattro libri". "Quattro libri? Ma tu che stai dicenn'!". - "Professò io qua ci ho un libro - e ce lo mostrai - ma questo è inglese." "Eh? E’ inglese? Ma pecchè tu conosci l’inglese?" "Professò io mi sto laureando in inglese." "E me lo potevi dire prima." Quando andai a fare l’esame di filosofia, di pedagogia. Chill’ e pedagogia stong a post’, e difatti ebbi 46/50 e fui uno dei primi e così incominciai a lavorare.