Paolo Serio

 A piazza Leopardi anziché prendere quella [casa] dell’angolo, dovevamo prendere quella prima, invece prendemmo quella dell’angolo, perché aveva tanta più veduta. Signore, quella casa stava per essere demolita, ne fummo cacciati una seconda volta e andammo ad abitare allora in via Cumana dove stava Varriale. Vi lascio immaginare tutte le peripezie! [...]

Io ho il fratello di mio padre che stava all’Ilva di Bagnoli, era antifascista come mio padre, lì si lavorava di notte vicino alle acciaierie perché mio padre faceva 'o fonditore e praticamente sulla pala si prendeva i minerali di ferro. Mio padre era un colosso. [...]

Ha fatto ‘o soldato di terra, 'o soldato 'e mare, è stato prigioniero in Austria, poi vi racconto la storia di mio padre. Comunque una notte, mentre stava lavorando, gli operai si misero a cantare Bandiera rossa, uno di loro andò a rapportare in portineria ‘sto fatto. Si presenta una camionetta, li pigliò, signore la mattina stessa li mandarono a Lipari. Signore, mio zio è stato a Lipari trent'anni, confinato a Lipari tant’è vero che si mandò a chiamare moglie e figli e sapete come viveva? Si mise a fare zeppole e panzarotti, 'ché in una maniera dovevano guadagnare qualcosa. Poi, quando venivano le autorità a Napoli, la polizia veniva a casa mia di notte, ci svegliavano, entravano e rovistavano. Chissà cosa andavano cercando! Per causa di qualche attentato, perché noi facevamo [di cognome] Serio, questo mio zio aveva lo stesso cognome di mio padre. E così noi passavamo i guai nostri.

Qualche altro episodio di guerra lo ricorda?

Come no! Signora, noi nella nostra vita, noi non dormivamo mai. Quando venivano gli inglesi a sera suonava la sirena, si presentavano gli inglesi, non bombardavano, giravano, giravano perché cercavano l’obiettivo e noi scappavamo sotto il tunnel. Signore, là si dormiva a terra e tenete presente che lì scendeva l’acqua. Là ci stava un marciapiede che non è nemmeno un metro e lì, sopra da Fuorigrotta fino a Piedigrotta, per terra tutte coperte, materassi, si dormiva promiscuamente. Le creature facevano una pietà perché poi nell’ingresso avevano fatto dei paraschegge con pietre, tant’è che quando bombardarono la galleria si abbattettero quei paraschegge.

Ricorda quando venne Hitler a Napoli?

Come non mi ricordo! Quando venne, Hitler scese a Mergellina, scese per Piedigrotta. Inaugurarono il tunnel della Vittoria. Io stavo vestito da marinaretto, perché alla scuola vi dicevano loro come vestirvi. Eravamo prima "figli della lupa" poi "balilla", poi "avanguardista", poi "giovani fascisti", poi "premilitari". Io non sono arrivato a "premilitare" perché sono del '25. Se la guerra non fossa finita, sarei partito pure per la guerra, però vi facevano partecipare anche come "balilla" o "avanguardista" tant’è vero che io stavo col fucile vicino alla statua di Armando Diaz, facevo la guardia e quelli vennero per via Caracciolo e vennero Hitler, Mussolini, il reggente della Iugoslavia e il re Vittorio Emanuele; io mi ricordo Mussolini su quel macchinone con Hitler a fianco e costruirono l’arco di trionfo a viale Elena, 'na cosa spettacolare. Però, però, come da bravi italiani, fu fatta una presa in giro perché, quando Hitler a via Caracciolo  vide uscire navi da guerra, sommergibili… pensò che noi avevamo chissà che cosa, partì da Napoli, arrivò a Genova, altri sommergibili, altre navi: quelle erano sempre le stesse navi! A Taranto lo stesso erano sempre le stesse navi!

Ci racconta pure della Mostra d'Oltremare e dell'albergo delle masse?

Nella Mostra d’Oltremare io e tutta la mia generazione non avevamo mai visto l’uomo di colore; si pensava che esistevano famiglie nere, però non le avevamo mai viste. Quando inaugurarono la Mostra d’Oltremare, che poi l’inaugurazione durò Natale e Santo Stefano, praticamente niente, perché poi scoppiò la guerra... si chiamava Mostra delle Terre Italiane d’Oltre Mare, era triennale. Allora cosa fecero? Misero dei reparti con famiglie abissine: marito, moglie, figli e noi andavamo a vedere gente e ci meravigliavamo di vedere questi negri. Come si andava allo zoo! Questa gente che era recintata, noi passavamo e guardavamo loro mentre cucinavano, andavamo a vedere questi qua che noi avevamo fatto la conquista. L’Impero! Io avevo 15 anni.  

 Ricorda bambini delle scuole che venivano a vedere queste persone?

Come no! Andavano con i genitori, però durò poco. Costruirono un grande albergo che non fu mai inaugurato, per la guerra, si trovava tra il viale Augusto e via Veniero, nella traversa che noi chiamiamo del Banco di Roma. L’albergo fu occupato dai senzatetto, era nato perché ci si aspettava un afflusso enorme di turisti, si chiamava Albergo delle Masse, doveva ospitare i turisti che sarebbero venuti a visitare la Mostra triennale, invece i senza tetto lo occuparono. Qualcuno ha pure speculato e come fu costruito così fu demolito. [...]

Perché l’unica scuola che c’era a Fuorigrotta, era la "Leopardi," poi dopo la requisirono… quelle erano delle case a via Calise e alcune sezioni staccate le mandarono là, ma l’unica scuola era la "Leopardi", poi c'erano le scuole private, che noi chiamavamo scuole di intrattenimento e scuole de' "peretelle", ci andavano persone che pagavano. Il 90% andava alla scuola statale "Leopardi" e da lì chi andava alle medie, chi andava a lavorare, perché allora c’erano le scuole professionali, allora i ragazzi, quelli che non dovevano andare oltre con gli studi, perché andando al liceo poi bisognava laurearsi… invece la scuola professionale qualificava l’operaio in operaio specializzato, operaio qualificato, infatti le industrie avevano le scuole aziendali. Io, l’ho fatto anch’io. Ecco perché vi ho detto che io ho fatto tutto e non ho fatto niente, perché io ho cominciato che dovevo fare il capitano di lungo corso, ma papà, per paura che con la guerra mi imbarcavano, mi mandò all’industriale, dove dopo tre anni ne uscivo operaio specializzato. Ma il secondo anno non rimasi sotto le macerie per ventinove e trenta, perché molte famiglie di colleghi miei morirono tutti quanti in quella zona. La scuola si trovava dove stava la caserma "Bianchini". Quando ci fu lo scoppio della nave [si riferisce all'esplosione della nave "Caterina Costa" nel porto di Napoli, 28 marzo 1943] io mi trovavo in ufficio, io stavo nella Navalmeccanica, io perché quando vennero i bombardamenti e distrussero la scuola a noi, anziché mandarcene, ci assunsero nello stabilimento, allora chi andò in officina e chi andò in ufficio. Io volevo andare in officina perché a me piaceva fare 'o saldatore', 'o fresatore', invece no, c’era bisogno in ufficio e mi mandarono in ufficio.  Mo'  in ufficio io avevo bisogno di studi commerciali, avevo fatto il marittimo, avevo fatto l’industriale, signo', io andai a fare il commerciale. Insomma, io ho fatto tutto e non ho fatto niente e sono stato diciotto anni in vari uffici: fatturazione attiva, ufficio del personale, liquidazioni, cottimi, stipendi… poi a Navalmeccanica incominciò la crisi cantieristica, i licenziamenti e - comm' aggia fa' e comm’ nun aggia fa'-, e concorsi… esce 'o concors' in ferrovie e mo' 'o facc', 'o conduttor' ch' significa 'o conduttor', je nun sapev' manc' ch' er' a ferrovia… conduttore… mo' 'o facc' e 'o facette 'o concors',  n' facett' duje uno come conduttore e uno come assistente di stazione. Io non sapevo che cosa dovevo fare, però provai lo stesso. Signò, io non avevo studiato molto, quando voi nun studiat’ assaje  vincit' 'o concors'..., si vuj studiate ch' v' serv' 'o posto nun 'o riuscite a fa'. Vinsi il concorso, allora mi informai: che mi conviene fare, 'o conduttore?  E chi era ‘'o conduttore? Era chill' che controlla i biglietti 'ncopp' 'o tren'. Mio cognato: "A te conviene 'e fa cchiù ‘'o conduttore che l’assistente, 'ché l’assistente o capostazione te manneno int’ e pajse , 'ncopp 'e muntagn’". Ie pensaje: e mo’ facc’ ‘o conduttore. Chill’' po' anziché assumermi a Napoli, mi assunsero a Salerno: quando dovevo partire mi dovevo anticipare tre ore per andare a Salerno, quando smontavo a Salerno all’una, alle due di notte, se ne parlava la mattina per partì. Insomma, cchiù 'o tiemp',   c’andavo e venivo ca 'o tempo 'ncopp' 'o tren'. Da conduttore feci il concorso interno a capotreno. Da Salerno, anziché mandarmi a Napoli centrale, mi mandarono a smistamento sui treni merci a fa' 'o capotreno, e sono stato cinque anni a smistamento e tutti gli altri anni, 'nat' tredici anni, ho fatto a Napoli centrale sui treni viaggiatori. Signo', io la mattina stavo male [a questo punto interviene la moglie].

“Posso parlare?” - E’ pericoloso, se parla mia moglie si lamenta. “Signore, quello a Natale a Pasqua non c’era mai. E mai una villeggiatura, perché aveva dieci giorni e io poi dicevo: 'o lasciamo solo e ce  ne andiamo? Chi lo sveglia la mattina, chi lava… e non possiamo, e allora a stento andavamo a fare qualche bagno. Sono stati due figli esemplari.”

Io non ho mai fatto vigilie, non sono mai stato a casa  a Natale, a Pasqua mai, a parte che ci pagavano…  ma poi l’impegno non era uguale al lavoro. Io se stavo a disposizione dell'azienda per quindici ore, allora incominciavo il lavoro nel momento in cui partivo col treno; da quel momento, dopo aver fatto quindici ore di attesa in ufficio, va bene? Alla vigilia di Natale alle cinque del mattino...