Il 23 novembre 1980 era di domenica. La sera, alle 19,35 come se, sottoterra, fossero
scoppiate un milione di tonnellate di tritolo. Vecchi casolari di campagna si sbriciolarono
di colpo, i centri storici della città si lesionarono, caddero edifici antichi e palazzi di pochi
anni. A Poggioreale un palazzo si piegò, si è accartocciò su se stesso, rovinando in pochi
secondi. Di nove piani, in via Stadera, quando la nube di polvere si fu diradata, non rimase
che un cumulo di macerie alto quindici metri. Il terremoto, quella sera, aveva raggiunto il
nono grado della scala Mercalli, il più disastroso dopo quello del 1930. Centomila furono
i senzatetto in tutta la Campania, cinquantamila solo a Napoli.
La legge per la ricostruzione delle zone terremotate previde un programma straordinario
per Napoli: la costruzione di 20mila alloggi con tutte le infrastrutture e le attrezzature
connesse e l'adozione del vecchio piano delle periferie per il recupero sia dei "Casali",
aggregati alla città negli anni Trenta, che degli antichi nuclei rurali inglobati nella
successiva caotica espansione edilizia.
Nel programma, accanto alla costruzione di nuove case, fu previsto il risanamento
urbanistico-abitativo di interi vecchi quartieri con l'intento che, accostando il vecchio e il
nuovo, l'uno si arricchisse con le qualità dell'altro.
A Fuorigrotta, in via Leopardi si è voluto ricucire le fratture createsi nelle pareti continue
della strada in seguito ai crolli causati dal sisma. Si è trattato, quindi, di realizzare sia il
necessario numero di alloggi che gli spazi per le attrezzature pubbliche e commerciali
previste dal Piano Regolatore Generale il quale destina la zona ad assumere la funzione di
centro del quartiere.
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Via Canzanella Vecchia