Le tipologie edilizie
CASE COLONICHE E CASE SUBURBANE
La regione a occidente di Napoli, che dai rilievi dei Camaldoli e dalla collina di Posillipo
degrada verso la piana di Quarto e il golfo di Pozzuoli comprendendo buona parte dei
rilievi vulcanici continentali, prende il nome di “Campi Flegrei” – vale a dire campi
“ardenti” come la natura vulcanica dell’area rivela – ed è caratterizzata da una estesa
varietà morfologica e orografica su una base geologica uniforme.
Le falde collinari hanno la caratteristica conformazione a gradoni artificiali delle colture a
vigneto, intercalate da strisce di castagni e chiuse sui rilievi da boschi di pini e lecci. Le
conche crateriche sono lambite da estesi campi a frutteto, con agrumi e seminativi. Il
paesaggio, pur in gran parte stravolto da una urbanizzazione selvaggia e spesso abusiva, si
offre come uno dei contesti naturalisticamente più vari del mediterraneo,
particolarmente arricchito di reperti archeologici celebri fin dall’antichità.
Dopo lo straordinario sviluppo in età classica, le invasioni barbariche e il diffondersi della
malaria provocarono la decadenza dei centri abitati e l’abbandono delle campagne. Solo a
partire dal XIII secolo si ebbe una lenta ripresa per merito dei sovrani angioini, i quali
riscoprono i Campi Flegrei come area destinata a riserva di caccia. In età aragonese, pur
permanendo questa destinazione, si avvia anche un processo più propriamente produttivo
che agevola il ripopolamento di alcune aree. In questo periodo, infatti, fu trasferita al lago
di Agnano la macerazione del lino e della canapa e, con la costruzione delle nuove mura
della città, i casali di Soccavo e Pianura, si ripopolarono di famiglie di operai tagliapietre
addetti alle vicine cave di piperno. Lentamente le colline vennero messe a coltura,
mentre le pianure di Bagnoli e Fuorigrotta saranno recuperate all’agricoltura solo a
partire dal secolo XVIII.
La definitiva ripresa avverrà però solo con la soppressione della feudalità e degli ordini
religiosi e dopo la realizzazione di vaste operazioni di bonifica, iniziate nel 1817 da
Ferdinando di Borbone con il risanamento dell’alveo dei Camaldoli.
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